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Recensioni

Foto di Luca Cepparo

Milano, Palasharp. 22 Febbraio 2010

Set list
Proudest Monkey
Satellite
You Might Die Trying
Funny The Way It Is
Seven
Squirm
Crash (Into Me)
So Damn Lucky
Lying In the Hands of God
Why I Am
Dancing Nancies
Shake Me Like a Monkey
Jimi Thing
Burning Down The House
You and Me
Don’t Drink the Water
--------------------------
Baby Blue
Everyday
Ants Marching
					

Le mie sono le impressioni di ascolto naif da molti punti di vista ed in associazione libera ve li voglio esporre. Sono un appassionato di musica classica e jazz abituato all'ascolto dal vivo nei contesti canonici dei due generi: il jazz prevalentemente nei club, poi nei teatri, alcune volte nelle piazze; la classica, beh, si sa, ha i suoi santuari, a Milano il conservatorio e la stagione concertistica della Scala. Situazioni ben differenti dal Pala Sharp dove ho partecipato per la prima volta ad un concerto e che concerto!!! La DMB dal vivo, un battesimo di fuoco!!!! La musica per me è emozione che si materializza nella solita domanda, che mi viene spontanea ed ingenua ogni volta. Ma come fanno? Ma come è possibile? Rimanere stupito come un bambino di fronte ad un fatto che sembra magico è per me, la cartina di tornasole per una produzione musicale di qualità. L'incantesimo è stato immediato con conseguente dissoluzione della dimensione temporale ed il concerto è arrivato alla fine un pezzo dopo l'altro in un tempo troppo breve. Che dire d'altro, che tutti i componenti della band sono dei musicisti eccelsi, che il sax è dotato di una tecnica di esecuzione e di improvvisazione sopraffina, dei rimarchevoli assoli della chitarra squisitamente rock e del violinista (sicuramente molto distante dai canoni estetici del primo violino di una orchestra sinfonica) dell'eccezionale trombettista che ha proposto un assolo suggestivo del Miles Davis nelle serate al Cellar Door, e della gioia di suonare stampata sul volto del batterista, che impressiona tanto quanto il suo virtuosismo. Raramente mi è capitato di vedere un musicista sembrare così sereno durante un'esecuzione dal vivo, in un rapporto cosi serafico e gioioso con la propria musica. Secondo me è la stessa che poteva avere Mozart nelle scrittura ed esecuzione delle sue pagine più leggere e sublimi... Dave è sicuramente l'alchimista, il sapiente mago che ha messo i giusti ingredienti per una pozione che crea un incantesimo diverso ad ogni pezzo... una grande band!!! grazie Corsina!!!!

Giancarlo Belloni

Roma, Palalottomatica. 23 Febbraio 2010

Set list
Lying In the Hands of God
Shake Me Like a Monkey
Funny The Way It Is
Seven
Warehouse
Alligator Pie
You Might Die Trying
The Maker
Don’t Drink the Water
Why I Am
Crash (Into Me)
Crush
Spaceman
Grey Street
Two Step
-------------------------- 
Baby Blue
Jimi Thing
					

La Dave Matthews Band a Roma non c'era mai stata. Il concerto di Lucca e il tour 2010 con tre date in Italia ci ha fatto ubriacare tutti di felicità e non riesco ancora bene ad essere lucido. Ogni tanto però mi scuoto e ricordo a me stesso che solo dieci mesi fa fantasticavo un concerto in Europa come una di quelle cose irrealizzabili che non mi sarei mai perso. Ed ora sono uscito di casa e dopo venti minuti ero al concerto! Là dove i magnifici sette mi avrebbero regalato grandissime emozioni.
La giornata è incredibilmente calda, una primavera anticipata. Entro nel Palalottomatica. Sono vicino al palco su cui già troneggia la portentosa batteria di Carter Beauford: sembra un'astronave, ma del resto lui è di un altro pianeta, si sa. Entra la gente, entra ancora e ancora. Alla fine lo stadio è pieno. Mi dico, mio Dio guarda quanti ora sanno! Guarda quanta gente ha capito la grandezza di questa band! In attesa dell'inizio osservo che c'è qualcuno che non li conosce bene e che non li ha mai visti dal vivo. Bene, penso, alla fine del concerto ne riparliamo. Nel parterre c'è un'atmosfera particolare. È quello stato di eccitazione che ognuno di noi ha quando è a pochi istanti da un avvenimento che attende con ansia e che sa che gli piacerà da morire, che lo farà godere di emozioni e di passione.
Verso le 19,30 entra il gruppo di supporto, gli Alberta Cross. Il pubblico sembra gradire. In effetti non sono niente male. Suonano circa trenta minuti poi si congedano tra gli applausi del pubblico. In un tempo incredibilmente breve lo staff sgombera gli strumenti del gruppo di supporto e prepara il campo per la band. Ora è tutto pronto. Passano ancora minuti e ad un certo punto si spengono le luci. È il segnale. Un'ovazione accoglie il buio: è il momento più bello dell'attesa. È quello della trepidazione. Nessuno ancora sale sul palco, quasi a voler prolungare la magia. Tutti sanno da dove entreranno e tutti guardano dalla stessa parte. Poi un boato accoglie la Band al completo. Eccoli là. Imbracciano gli strumenti, senza maschere e senza orpelli che attirino l'attenzione e l'ammirazione del pubblico. Lo faranno con la loro musica e la loro arte.
Con cosa partiranno? I più esperti si chiedono quale sarà il primo pezzo; molti, me compreso, sono già stati a Milano il giorno prima quando hanno sorpreso un po' tutti con Proudest Monkey come opener. Qui si parte con Lying in The Hands of God, dall'ultimo album, Big Whyskey and The Groogrux King. Un pezzo che dal vivo è veramente molto bello e ci fanno subito capire che serata ci aspetta, con Jeff Coffin in assolo e Dave Matthews che imita il suono del sax con la voce (!!!). Iniziano subito con le nuove canzoni qui a Roma, ma quelli che conoscono tutti i pezzi degli anni novanta e duemila sono veramente tanti e li aspettano con ansia. Sanno che, anche se una canzone l'hanno sentita centinaia di volte, quando iniziano a cantarla di nuovo può accadere qualsiasi cosa. L'assolo di violino potrebbe diventare tromba e l'elettrica potrebbe intervenire con armonie inedite e in luoghi inesplorati. "Shake me like a monkey" e "Funny the way it is" scaldano ancora la band che va in crescendo. Seven, il pezzo dal tempo impossibile che solo il fenomeno Carter Beauford può suonare, piace molto a Dave Matthews e si vede. In questo come in tutti i pezzi ci mette tutta l'energia possibile, sembra sempre che quella sarà l'ultima canzone che canterà in vita sua.

Ma eccola. Quella Warehouse mai suonata in Italia. Il pubblico esplode non appena sente le prime due note e sa cosa deve fare: il coro del Palalottomatica è potente e sicuro e l'urlo è quasi liberatorio. Ma qui c'è gente che li conosce bene, e da tempo. Alligator Pie, dal nuovo album. La sensazione che trasmette la band è di un amalgama perfetto di strumenti che si incrociano e si rincorrono senza mai pestarsi i piedi.
You Might Die Trying è un pezzo storico che amano fare dal vivo ed esplode in tutta la sua potenza. Il pubblico, ovviamente canta. Le sanno. La cover di questa sera è The Maker, bellissimo pezzo di Daniel Lanois che alcuni ragazzi intorno a me non conoscevano e che li ha lasciati proprio di stucco. Un boato accoglie Don't Drink the Water, che tutti di fronte al palco cantano, saltando e ballando. Forse il momento più caldo ed eccitato del concerto, insieme allo spaventoso finale di Two Step. Why I Am, la canzone dedicata a Leroi Moore e Crash (into me), il pezzo forse più conosciuto in Italia della band, precedono quella che è stato il pezzo più lungo della serata, Crush. Anche questa è una canzone storica ed era anche questa molto attesa. Grandissimi assoli e pubblico in visibilio. Violino, sax, chitarra elettrica e basso si susseguono in una straordinaria jam che solo la DMB può fare. La cosa realmente straordinaria che questa band riesce a fare è cantare e suonare pezzi da 16-18 minuti con incredibili assoli e jam session senza mai sfociare nel virtuosismo gratuito.
Dopo Spaceman la stupenda Gray Street. La sensazione era che il pubblico si aspettasse i pezzi nuovi e che fosse in grande trepidazione per vedere quale sarebbe stata la scelta delle canzoni storiche. C'era chi attendeva l'una e chi l'altra. Ma credo che nessuno possa essere rimasto realmente deluso.
Il gran finale, prima dell'encore: Two Step. Qui c'è sua maestà Carter Beauford che, anche dopo averlo visto e sentito decine di volte, ci sorprende sempre perché nessuno sa come faccia a suonare così.
Vanno via. Ma tutti sanno che torneranno. Dopo un po' torna sul palco solo Dave e, con una piccola chitarra rossa, canta, solo, una commovente Baby Blue. Jimi Thing, altro capolavoro storico chiude un grande concerto, pieno di calore, energia e divertimento. Ecco. È finito. Le note sono ancora sottopelle e ci guardiamo tutti soddisfatti e beati. Abbiamo fatto il pieno di emozioni. Ma non bastano. Sono sicuro che ancor prima di accendere il motore della propria auto tutti, come me, abbiano prima fatto partire la musica.

Luca Centra

Padova, PalaFabris. 25 Febbraio 2010

Set list
One Sweet World
Satellite
Spaceman
Seek Up
Funny The Way It Is
Seven
Don’t Drink the Water
So Damn Lucky
Why I Am
Lying In the Hands of God
When The World Ends
So Much To Say
Anyone Seen The Bridge
Too Much (Fake)
Ants Marching
You and Me
All Along The Watchtower
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Baby Blue
Sledgehammer
Shake Me Like a Monkey
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Two Step
					

L'ultima tappa italiana del tour europeo della Dave Matthews Band è al palasport di Padova, e delle tre è la location più piccola, ma sarebbe più gentile dire più intima e raccolta, e forse quella che sembrava meno adatta a contenere l'esplosione sonora che la band di Charlottesville è abituata a regalare ad ogni concerto.
Ma si sa che sono queste le uniche strutture adatte - o meglio, adattate - ad ospitare i concerti di musica rock che richiamano un certo numero di persone. Durante il concerto Dave Matthews ci ha anche scherzato su, ma alla fine il lavoro di tutti, musicisti e tecnici, ha fatto sì che tutto fosse all'altezza dell'evento. E il concerto è stato un ininterrotto susseguirsi di emozioni e sorprese, a cominciare da quella One Sweet World iniziale, la stessa che apre quello che secondo me è il disco live più bello nella storia dell'umanità, il Luther College, e che per questo motivo è e rimarrà per sempre la mia apertura preferita per ogni concerto che, da quel momento in poi non può essere altro che perfetto. La tesi è presto confermata da una sbalorditiva Seek Up, con Rashawn e Jeff a dialogare, litigare, urlare per poi riappacificarsi e ritrovare infine la perfetta sintonia in un inizio di totale improvvisazione sul riff ostinato di Dave, o dalla gioia di poter cantare a squarciagola So Much to Say, tante volte ascoltata ma mai vissuta e goduta appieno come nel concerto di Padova.
L'energia delle canzoni nuove, ogni volta più belle e fluide dal vivo, ha fatto da collante tra le molteplici sfaccettature della Dave Matthews Band: da Spaceman, impreziosita dalle note altissime dell'assolo finale di Rashawn, al limite dell'udibile e forse anche oltre, chi potrà mai saperlo?, alla saltellante Funny the Way It Is fino a Seven, che a Dave piace e non perde occasione di ricordarcelo, passando per Lying In the Hands of God, sempre più capolavoro assoluto, non c'è niente che risulti fuori posto o incompiuto. La tecnica musicale, l'improvvisazione e la precisione ritmica sono solo il presupposto affinché si avveri questa perfetta alchimia di suoni e generi, ma ciò che traspare e arriva diretto ad ogni spettatore è soprattutto il divertimento e la voglia di suonare che tutta la Band porta sul palco. Ed è impossibile non farsi contagiare e non unirsi a quello che da concerto si trasforma presto in una vera e propria festa.
Con All Along the Watchtower, finalmente abbiamo potuto liberare il nostro grido per sottolineare il too much confusion della strofa iniziale - da tanti anni strozzato in gola - con la consapevolezza (o la minaccia?) che la con-fusion, quella col trattino, non sarà mai troppa, né abbastanza per ringraziare la Band per tutto ciò che ci regala in occasioni come questa.
Bello il finale con l'accoppiata Sledgehammer e Shake Me Like a Monkey, padre e figlia, il confronto tra la vecchia generazione che ha avuto la forza di proiettarsi nel futuro e quella nuova, che sa cogliere le cose belle del passato per donargli un nuovo, moderno splendore.
E infine è arrivato anche il regalo finale: cos6igrave; come l'anno scorso a Lucca la Dave Matthews Band ha voluto premiare l'ostinata dedizione dei fan italiani con un doppio encore e aggiungere Two Step a scaletta già perfetta ed esaltante.
Ma bastava arrivare nel primo pomeriggio a Padova per rendersi conto quanto questo regalo sia stato meritato: la coda per l'ingresso riservato a con-fusion era già la più nutrita e pur potendo beneficiare dell'ingresso anticipato in pochi se la son presa comoda; anche dopo quattro giorni in giro per l'Italia, loro erano sempre lì per essere i più primi tra i primi e poter dimostrare così dalla prima fila tutto l'affetto, l'entusiasmo e la passione per questa meravigliosa Band.
Dave è uscito a salutarli, scambiando qualche battuta e posando per le foto. Da vero signore. Perché signori si nasce e Dave, modestamente, lo nacque.

Livio Piubeni